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dai GIORNALI di OGGI

Montecarlo, San Marino, Londra:

la mappa dei domicili usati per evitare le imposte.

Il conteggio dei giorni di permanenza all’estero

Da Valentino Rossi a Little Tony, il valzer delle residenze off shore

Con il monitoraggio di spostamenti, bollette e ricevute, il fisco scopre le residenze effettive

2009-08-14

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2009-08-14

Montecarlo, San Marino, Londra: la mappa dei domicili usati per evitare le imposte. Il conteggio dei giorni di permanenza all’estero

Da Valentino Rossi a Little Tony, il valzer delle residenze off shore

Con il monitoraggio di spostamenti, bollette e ricevute, il fisco scopre le residenze effettive

ROMA — Era il 27 luglio del 2000. Sede del ministero delle Finanze a Piazza Mastai, Ro­ma, la stessa dove ieri sono stati estratti i nu­meri del SuperEnalotto. Quel giorno sulla ruo­ta di Luciano Pavarotti uscì il 25, numero ritar­datario e non proprio fortunato. Con quell’as­segno da 25 miliardi di lire big Luciano chiu­deva il suo lungo duello con gli agenti del fi­sco. "Mi sento più leggero nell’animo e non solo..." disse con un sorriso di scena modello Figaro mentre stringeva la mano al ministro Ottaviano Del Turco. Anche per lui l’accusa era la stessa, residenza fittizia all’estero. Nel suo caso un appartamento di 150 metri qua­dri tra i viali di Montecarlo, lì dove le tasse semplicemente non si pagano. Chiuse i conti così Pavarotti, segnando la strada ai tanti vip che very important person sono stati conside­rati negli anni dagli ispettori dell’Agenzia del­le entrate. Gira che ti rigira, i posti da tenere sottoc­chio sono sempre quelli: Montecarlo, le miti­che Isole Cayman, San Marino e anche Lon­dra, dove le tasse ci sono ma molto più legge­re di quelle italiche, specie per i redditi extra large.

Proprio a Londra, Sacksville Street, ave­va preso casa Valentino Rossi. Diceva di vive­re lì per almeno 183 giorno l’anno, il minimo sindacale per chi le tasse le vuole pagare al­l’estero. Gli ispettori del fisco hanno controlla­to date, spostamenti, bollette, ricevute. E quando gli hanno mostrato gli scatti che, pro­prio nei giorni in cui diceva di stare in Inghil­terra, lo immortalavano al Cocoricò di Riccio­ne e nel porto di Vallugola, vicino alla sua Ta­vullia, il dottor Rossi ha deciso di fermarsi per un pit stop. Nel suo caso il conto è stato anco­ra più salato: 45 milioni di euro da pagare in comode rate. Sarà un caso, ma chiuso il dolo­roso capitolo e "tornato al 100 per cento italia­no ", Valentino ha ripreso a vincere come pri­ma. Nel mondo delle corse, del resto, il dotto­re non è un’eccezione: sempre a Montecarlo avevano preso la residenza Loris Capirossi e Giancarlo Fisichella, anche loro finiti nelle ma­glie degli ispettori, con il pilota di Formula 1 che ha fatto atto di penitenza staccando un as­segno da quasi 4 milioni di euro. E non solo di motori si tratta. Nel Principato di Monaco aveva messo su casa pure il ciclista Mario Ci­pollini.

Ma l’accusa sostiene che anche per lui di residenza fittizia si tratta, visto tra l’altro che al padre, ricoverato in una casa di riposo, erano intestate a Lucca tre auto e una moto di grossa cilindrata. Stessi problemi per Ornella Muti, Umberto Tozzi, Alberto Tomba. E pure per il "cantante sanmarinese nato a Tivoli" (definizione di Wikipedia) Little Tony che la sua casa all’estero ce l’ha sul Titano. "Sono re­sidente lì — si è difeso il cantante — da sette generazioni. Il problema è che non mi sono mai messo a contare quanti giorni l’anno sto realmente in Italia". Gli ispettori sì. E in atte­sa di sviluppi gli hanno presentato qualche mese fa una multa da 160 mila euro.

Lorenzo Salvia

14 agosto 2009

 

 

 

REPUBBLICA

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2009-08-15

Dal fermo del legale dei vip Fabrizio Pessina, le Fiamme Gialle scoprono

un elenco di nomi importanti che hanno sottratto soldi allo Stato

Fisco, manager e politici evasori

in mano alla GdF 570 conti off-shore

di ROBERTO PETRINI

Fisco, manager e politici evasori in mano alla GdF 570 conti off-shore

ROMA - Quando il 2 febbraio gli uomini della Guardia di Finanza fecero scattare le manette ai polsi dell'avvocato di Chiasso Fabrizio Pessina, sembrava una delle solite operazioni destinate all'arresto di un faccendiere o di un "colletto bianco". Con tutti gli elementi del caso: ritorno da una vacanza dal paradiso fiscale di Madeira, bagagli, mazze da golf, aria tonica, e l'espressione stupita nel trovarsi ad aspettarlo, giunto agli arrivi di Malpensa, la pattuglia delle Fiamme Gialle invece dell'autista di fiducia.

A mettere la Procura di Milano sulle tracce di Pessina, 63 anni, noto avvocato di Chiasso, erano state le indagini sulla bonifica dell'area milanese Montecity, per la costruzione del nuovo quartiere di Santa Giulia, ad opera dell'imprenditore milanese Giuseppe Grossi. La pista che da settimane le Fiamme Gialle stanno seguendo è quella di un giro di fatture false, attraverso società tedesche compiacenti, e l'accusa che sta per scattare è quella di presunto riciclaggio di denaro.

Ma c'è una sorpresa. Nella rete della Guardia di Finanza cade un pesce inaspettato e non previsto: il notebook di Fabrizio Pessina, consulente dei vip e in affari per parecchio tempo con il commercialista Mario Merello, noto anche per essere il marito della cantante Marcella Bella. E' sul computer dell'avvocato di Chiasso che, dopo poche ore, si concentrano le attenzioni investigative degli inquirenti ed è da lì che emerge un file assai sospetto: quello relativo ad altrettanti clienti italiani che hanno affidato al professionista i loro soldi da esportare all'estero. Si tratta di 570 nomi, 70 in più rispetto alla cifra riferita nelle interviste apparse ieri sulla stampa del direttore generale dell'Agenzia delle Entrate Attilio Befera .

Fabrizio Pessina, che all'inizio degli Anni Novanta è stato anche presidente dell'ordine degli avvocati ticinesi, dopo cinque mesi di carcerazione, il 31 luglio scorso, è stato scarcerato, ma durante la detenzione ha vuotato il sacco. E' così che le indagini sono andate avanti, arrivando ad una svolta decisiva e permettendo a Procura e Fiamme Gialle di ricostruire l'intero sistema della "piattaforma" da cui i capitali italiani decollavano verso i paradisi fiscali.

La "lista dei 570", del cui contenuto Repubblica ha avuto una serie di dettagli, è un documento scottante. Assai diverso dai 170 mila nomi in mano all'Agenzia delle Entrate: in quel caso infatti si tratta di posizioni emerse da un incrocio di banche dati e tutte da verificare. I "570" invece sono evasori già identificati e ai quali in queste ore stanno per essere contestati i reati penali di omessa dichiarazione fiscale e di dichiarazione fraudolenta. Reati che non potranno beneficiare dello scudo fiscale che scatterà dal 15 settembre e che esclude la sanatoria per chi ha già un procedimento in corso.

A quanto risulta nella rete ci sono personaggi molto noti a livello locale: imprenditori, qualche politico, manager di grandi aziende e personaggi del mondo dello spettacolo. Nomi spesso poco conosciuti al grande pubblico ma con soldi veri che avrebbero spedito alle Isole Vergini, In Svizzera, a Gibilterra e nel Liechtenstein. Dove cercarli? Oggi probabilmente a trascorrere il Ferragosto nelle località esclusive, ma sui loro luoghi di provenienza parla chiaro la lista: 200 nomi sarebbero in Lombardia, 100 in Veneto, 48 in Emilia Romagna, circa 10-14 in Lazio, altrettanti in Toscana e Piemonte. Nel caldo agostano la Guardia di Finanza potrebbe bussare a più di una porta.

(15 agosto 2009)

 

 

2009-08-14

Il presidente banchieri ticinesi: dopo Ocse e intesa Ubs-Usa siamo preoccupati

Un finanziere a Ponte Tresa: "Date la Svizzera per spacciata troppo presto..."

Lugano, la fortezza sotto assedio

"Ora la fuga di capitali fa paura "

dal nostro inviato ETTORE LIVINI

Lugano, la fortezza sotto assedio "Ora la fuga di capitali fa paura "

LUGANO - I pedalò fanno la spola dalla spiaggia sul lungolago. I bar di Piazza Riforma, sotto i balconi coperti da una cascata rossa di gerani-edera, sono pieni di turisti. Ma il barometro a Lugano - malgrado il cielo azzurro e un sole che spacca le pietre - è fisso da qualche settimana sulla tempesta: il tesoro dei tesori, i 3 mila miliardi di risparmi stranieri (di cui 270 made in Italy) parcheggiati nei conti cifrati elvetici è in pericolo. Minacciato dall'attacco concentrico al più prezioso dei segreti svizzeri: quello bancario.

"Preoccupati? Per forza - dice Franco Citterio, presidente dell'Associazione bancaria ticinese - . È uno stillicidio! Prima gli ultimatum dell'Ocse. Poi lo scudo italiano. E ora le concessioni a Washington sul caso Ubs. Siamo sottto assedio". Il timore? Che il fiume di denaro che negli ultimi 60 anni ha tenuto in piedi l'economia del paese e del Canton Ticino - solo qui sarebbero parcheggiati 200 miliardi tricolori - inizi a scorrere in senso opposto. Tornando a casa. E svuotando un miliardo alla volta i forzieri di quel riservatissimo (finora) settore bancario che da solo garantisce il 15% del pil del paese.

I primi segni di questa fuga di capitali al contrario, malgrado la calma apparente di Piazza Riforma, ci sono già. "Non posso negare che in questo periodo ci sia più gente che chiede informazioni nelle nostre filiali", ammette in tono asettico Gabriela Cotti Musio, nella filiale del Credito Svizzero che guarda il lungolago. Tradotto in soldoni - linguaggio che da queste parti vale come l'esperanto - significa che le decine di imprenditori, liberi professionisti, vedove e commercianti italiani che hanno nascosto eredità e guadagni in nero sulla riva del Ceresio stanno tempestando di chiamate i loro consulenti a Lugano. Lo scopo? Esser certi che i loro nomi e i loro conti ("migliaia, per cifre che in media oscillano tra i 250mila e i 2 milioni di euro", spiega un banchiere locale) non finiscano sotto il naso del fisco a Roma.

Il mito della riservatezza rossocrociata - nel paese dove l'evasione fiscale è reato amministrativo e la violazione del segreto bancario è un reato penale - inizia insomma a scricchiolare. E Giuliano - così dice di chiamarsi lui - seduto sotto gli ombrelloni del Bar Vanini con una brochure della Hsbc Private Bank accanto al bicchiere di caffè shakerato è la prova vivente del fenomeno: "Che faccio qui? Ho i miei soldi in banca. Regolarmente scudati nel 2001 - mette la mani avanti - . Ma con i tempi che corrono, se mai avessi denaro in nero in Svizzera me lo riporterei indietro. Se vanno a caccia dei tesori nascosti degli Agnelli vuole che non se la prendano con i poveri diavoli come noi?".

Sul povero diavolo, visto che lascia Piazza Riforma a bordo di una Mercedes C 240 nera con autista e vetri fumé, ci sarebbe da discutere. Ma se tutti la pensano davvero come lui, lo scudo-tris varato da Giulio Tremonti rischia di fare il tutto esaurito.

"Noi che possiamo fare? Semplice: spieghiamo a tutti i nostri clienti che sul segreto bancario non cambierà nulla", dice Citterio. Certo le "dolorose concessioni" fatte da Berna sul caso Ubs (copyright del Corriere del Ticino) hanno un po' incrinato le certezze dei correntisti nascosti sotto l'ombrello della riservatezza elvetica. "Ma collaboreremo per i reati di evasione fiscale solo in casi mirati e circostanziati - minimizza il presidente dei banchieri ticinesi - . Dove la gravità dei fatti è evidente. Se dall'estero arriveranno richieste generiche, invece, tutto resterà come prima".

La battaglia però è appena all'inizio. Le banche italiane - fiutata l'opportunità - hanno tenuto in allerta i loro gestori di patrimoni privati anche per questo agosto. Obiettivo: mettere a punto le strategie per riconquistare almeno un pezzo del tesoretto tricolore espatriato negli ultimi cinquant'anni. "Ma si illudono - conclude Citterio - . Secondo me buona parte dei soldi italiani sono arrivati qui grazie a false fatturazioni estere. E questo tipo di reato non è coperto dallo scudo". "Almeno nella sua versione attuale...", sorride sibillino il responsabile dei grandi patrimoni di una banca italiana.

Alla dogana di Ponte Tresa, con Chiasso il valico più battuto dai capitali in fuga dal Belpaese, la fanno meno tragica. "Io sono qui da trent'anni - dice gattopardescamente il meno giovane dei tre finanzieri di servizio al confine - e le dico che anche questa volta non cambierà niente. È la solita storia. Si dà per spacciata la Svizzera a intervalli regolari. Poi tutto riprende come prima. Noi proviamo a far filtro, malgrado qui passino diverse decine di migliaia di auto al giorno. Abbiamo beccato qualche furbetto anche questa settimana. Ma vedrà che tra cinque anni sarà qui di nuovo a chiedermi se il segreto bancario sta per sparire...".

Gli spalloni, insomma, non dovrebbero restare senza lavoro. Anzi: solo pochi giorni fa - alla faccia di scudo fiscale, Ubs e Ocse - la Procura di Como ha chiuso dopo 5 anni con 59 persone indagate l'operazione Mozart: nel mirino un'organizzazione che fino a poco tempo fa faceva la spola tra Italia e Svizzera, rastrellando capitali nel Belpaese, nascondendoli nei doppifondi blindati e protetti da combinazione di auto modificate ad hoc e trasferendoli oltrefrontiera al prezzo di 400 euro ogni 250 km. Il barometro del contrabbando, al contrario di quello di Lugano, ha una certezza: il segreto bancario svizzero venderà cara la pelle.

(14 agosto 2009)

 

 

 

Più di tremila gli evasori scoperti, 1.200 sono stati denunciati

All'estero patrimoni non dichiarati per 3,1 miliardi di euro

Fisco, in cinque mesi scoperti

redditi nascosti per 13,7 miliardi

Sequestrati 4 milioni di "Gratta e Vinci" falsi e 2mila videoslot

Fisco, in cinque mesi scoperti redditi nascosti per 13,7 miliardi

ROMA - Aumenta il gettito fiscale frutto dell'attività di contrasto all'evasione fiscale. Nei primi cinque mesi dell'anno la Guardia di Finanza ha scoperto redditi nascosti al fisco per 13,7 miliardi, cui devono aggiungersi recuperi di Iva dovuta e non versata per 2,3 miliardi e rilievi Irap per 8,7 miliardi. Mediamente, queste cifre confermano e sopravanzano del 10% i risultati del 2008 che si era chiuso con il consuntivo più alto degli ultimi decenni. Lo comunicano le Fiamme Gialle sull'attività al 31 maggio scorso.

Gli evasori individuati sono 3.200, 1.200 dei quali denunciati alle Procure della Repubblica per dichiarazioni dei redditi omesse o infedeli. La Guardia di Finanza ha inoltre accertato delle frodi "carosello" per emissione e utilizzo di fatture false con addebiti di Iva per 1,1 miliardi. A carico degli indagati sono stati eseguiti sequestri di disponibilità finanziarie e patrimoniali per 176 milioni di euro.

Per quanto riguarda l'evasione internazionale, la cifra non versata al fisco italiano è di 3,1 miliardi. I reati contestati sono lo spostamento all'estero della residenza fiscale, la circolazione di capitali nei paesi "off-shore" e le omesse dichiarazioni sui patrimoni detenuti all'estero.

Sono stati inoltre 3.500 gli interventi a tutela del monopolio statale sui giochi e sulle scommesse. La Guardia di Finanza ha sequestrato 2.050 videoslot e più di 4 milioni di falsi tagliandi di "gratta e vinci".

(23 giugno 2009)

 

 

 

 

 

Per il fisco italiano erano nullatenenti, possedevano beni per milioni di euro

Le indagini dopo l'intercettazione di manovre patrimoniali azzardate tra il 2004 e il 2007

Treviso, maxi operazione della Gdf

Evasori con barche da 600mila euro

I militari delle Fiamme gialle hanno smascherato 20 persone sconosciute all'erario

Scoperti trasferimenti di capitale in Italia e all'estero, con l'apertura di società di copertura

Treviso, maxi operazione della Gdf Evasori con barche da 600mila euro

TREVISO - Barche da 600mila euro, terreni, auto di lusso, appartamenti e ville. Possedevano beni per milioni di euro ma nei registri del fisco erano poco più che nullatenenti. I militari delle Fiamme gialle di Treviso, durante un'indagine sui movimenti patrimoniali di 111 persone sospettate di frode fiscale, hanno smascherato 20 evasori sconosciuti all'erario.

Oltre la metà aveva dichiarato di non possedere nulla, ma in 14 sono risultati proprietari di almeno due appartamenti ciascuno. E tra loro c'è anche chi aveva 50 immobili a fronte di una dichiarazione dei redditi di poco superiore ai 5mila euro l'anno. Un'incongruenza difficile da sostenere.

L'operazione della Guardia di finanza è scattata dopo l'intercettazione di alcune manovre patrimoniali azzardate concluse tra il 2004 e il 2007: dall'acquisto di barche da centinaia di migliaia di euro all'acquisizione di terreni nel trevigiano e non solo. I controlli hanno portato alla luce ingenti movimenti di capitale in Italia e all'estero, con l'apertura di diverse società di copertura. Una delle 20 persone finite nel mirino dovrà spiegare il trasferimento fuori dai confini nazionali di oltre 500mila euro per motivi non commerciali. Per il fisco italiano, fino ad oggi, non esisteva.

(21 giugno 2008)

 

 

 

 

 

 

Una società di Montemesola ha evaso l'Iva sui telefoni cellulari

di provenienza comunitaria. Denunciate sette persone

Maxi frode fiscale da 75,5 milioni

scoperta dalla Finanza a Taranto

<B>Maxi frode fiscale da 75,5 milioni<br>scoperta dalla Finanza a Taranto</B>

TARANTO - Una maxi evasione all'Iva, per oltre 75,5 milioni di euro, nel settore della commercializzazione di telefoni cellulari di provenienza comunitaria è stata scoperta Montemesola, in provincia di Taranto, dai militari della Guardia di finanza, che hanno denunciato sette persone.

In particolare, i finanzieri hanno accertato che una società, nei periodi di imposta dal 2002 al 2006, oltre a evadere l'Iva, ha anche dedotto indebitamente elementi negativi di reddito per oltre 5,6 milioni di euro e sottratto a tassazione elementi positivi di reddito per 841 mila euro.

L'ispezione delle Fiamme gialle ha accertato che la società ha omesso di operare e/o versare ritenute ai fini delle imposte sui redditi per 135 mila euro e sottratto a tassazione base imponibile ai fini Irap per 6,5 milioni di euro.

(28 maggio 2008)

 

 

 

 

 

 

 

Parla Vincenzo Visco, il viceministro che ha in cassaforte l'elenco

delle persone che hanno conti in Liechtenstein: "Stiamo facendo le verifiche"

"Anche i politici in quella lista

Useremo grande correttezza"

Solo alla fine dei controlli e della scrematura delle posizioni legali

i nomi verranno comunicati alle procure e, quindi resi noti

di MASSIMO GIANNINI

<B>"Anche i politici in quella lista<br>Useremo grande correttezza"</B>

Vincenzo Visco

"Qui ormai si è scatenato il terrore....". La Fiscopoli del Liechtenstein lambisce i santuari della politica e fa tremare le fondamenta dei palazzi romani.

E Vincenzo Visco, che ha in cassaforte la black list con i 150 nomi eccellenti con patrimoni occultati nelle banche del Principato, registra il terremoto con un misto di soddisfazione, ma anche di preoccupazione: "Questa vicenda è la conferma che noi, in questi due anni di governo, abbiamo cominciato a fare la cosa giusta. La lotta all'evasione ha dato e sta dando i suoi frutti. Ora la novità clamorosa è che si sta muovendo l'Europa. L'inchiesta avviata dalla Germania segna una svolta politico-culturale: un Paese serio queste battaglie le fa, con tutto il peso del suo sistema politico e del suo apparato istituzionale. Anche noi avevamo cominciato. Ma ora, se con le elezioni cambia il quadro politico, che fine farà questo nostro impegno per la legalità fiscale?".

L'aria è quella di sempre: mefitica, quando in Italia si parla di soldi e politica. Oggi è la famigerata "lista dei 150" che hanno nascosto i depositi nel Principato, e che l'Amministrazione finanziaria tiene custodita nei suoi computer, in attesa di decrittarla. Nel '77 fu la misteriosa "lista dei 500" che esportarono 37 milioni di dollari all'estero, e che Michele Sindona fece rimbalzare sulle scrivanie dei potenti della Prima Repubblica per ricattarli, ma senza mai renderla pubblica. Circolano i soliti veleni, aleggiano i soliti sospetti. Anche per questo il viceministro dell'Economia se ne sta chiuso nel suo ufficio al Demanio.

E mai come stavolta il palazzo delle Finanze sembra trasformato, non solo simbolicamente ma anche fisicamente, in una trincea. I centralini sono in tilt. E il telefono dello stesso Visco squilla in continuazione. Chiamate bipartisan, che ruotano tutte intorno a una sola domanda: in quella lista ci sono politici? Il viceministro risponde con cautela. Sa di manovrare una bomba innescata, che può trasformare la campagna elettorale in una crociata esattoriale. E non ha nessuna intenzione di speculare politicamente su questo ipotetico scandalo: "Io - chiarisce subito - mi sto muovendo con la massima correttezza istituzionale. La lista che abbiamo ricevuto dalle autorità tedesche va esaminata con attenzione, da parte dei nostri uffici e da parte della magistratura. Stiamo verificando se questi contribuenti hanno dichiarato i loro conti a Vaduz, e in questo caso non c'è nulla da addebitargli, oppure se non li hanno dichiarati, e in questo caso scatta invece l'ipotesi di reato e l'accertamento fiscale automatico. Stiamo incrociando i dati su queste posizioni estere con le dichiarazioni fiscali effettuate in Italia. Insomma, stiamo facendo tutte le verifiche necessarie su questi elenchi, che oltre tutto potrebbero essere anche parziali e incompleti. Finito questo lavoro, manderemo i fascicoli sugli eventuali illeciti alle procure, e a quel punto i nomi saranno di pubblico dominio". Questa è la procedura adottata dall'Agenzia delle Entrate, che sta resistendo faticosamente a tutte le pressioni esterne.

Il centrodestra grida "fuori i nomi", anche attraverso la bocca di fuoco dei giornali vicini a Berlusconi. Rocco Buttiglione, con un gesto che gli fa onore, annuncia di avere un conto regolarmente aperto in Liechtenstein, poco più di 4 mila euro, sul quale sono transitati i suoi modesti compensi da docente in una prestigiosa università del Principato. Il centrosinistra chiede trasparenza, da Di Pietro a Fassino. Fausto Bertinotti, con una modica quantità di giustizialismo di classe, invoca il "pubblico ludibrio" per questi evasori che impediscono all'Italia di avere "più asili nido". Il clima si incarognisce. E le sane esigenze di equità tributaria si mescolano all'insana passione per la gogna mediatica. La disciplina fiscale rischia di venire inquinata dall'invidia sociale.

Proprio per non alimentare questo clima da caccia alle streghe, e per non trasformare un elenco di nomi in una lista di proscrizione, Visco si muove con grande prudenza. E alla domanda cruciale sui politici risponde sdrammatizzando: "Politici? Niente di particolare. Stiamo verificando le singole posizioni. Ma non aspettatevi cose esplosive...". Dunque, par di capire, se qualche nome c'è non si tratta di pezzi da novanta.

E in nessun caso, da parte dell'Amministrazione finanziaria, si farà un "uso politico" degli accertamenti. Quello che invece il viceministro conferma, è il profilo composito degli evasori in lista. C'è qualche "grosso nome", del pianeta dell'industria e anche del mondo dello spettacolo. Ci sono medi imprenditori, manager d'azienda, professionisti, intere famiglie "con lo stesso cognome" e con conti intestati a genitori, figli e nipoti.

Ci sono "somme modeste", poche centinaia di migliaia di euro". Ma anche "cifre più grosse", e poi persino qualche "cifra grossissima, da diversi milioni di euro". Non ci sono conti cifrati o intestati a società di comodo, non ci sono i miliardi della provvista estero-su-estero dei grandi gruppi finanziari, non ci sono i fondi neri di qualche partito. "Questa roba - osserva il viceministro - in genere finisce sui conti in Svizzera o a Montecarlo, che sono ancora più blindati...". Si tratta invece di movimenti di capitale "quasi" normali, se non fosse che sono stati nascosti nel Principato per evitare di pagarci le tasse in Italia.

Ma è proprio su filoni come questo che si è concentrata in questi mesi l'attenzione delle Finanze. I "nomi eccellenti" finiti nella rete dell'Amministrazione, dal principe delle moto Valentino Rossi al re degli occhiali Leonardo Delvecchio, sono serviti per far capire all'opinione pubblica che nessuno può e deve sfuggire ai suoi doveri fiscali. E ora gli accertamenti partiti in ben dieci paesi sugli oltre 1.400 conti segreti del Liechtenstein dimostrano che questa "missione" non è più solo italiana. La Merkel che incontra il principe Alberto, il prossimo vertice dell'Ecofin dedicato al tema dei "paradisi fiscali", la riunione già convocata dall'Ocse tra le Amministrazioni finanziarie di tutte le nazioni coinvolte: è quella che Visco chiama "la svolta politico-culturale delle grandi democrazie occidentali".

E non solo quelle che, come Italia, Francia o Germania, hanno il più alto livello di tassazione diretta, e quindi vedono con preoccupazione crescente la nuova ondata di capitali in fuga verso le piazze offshore. Ma anche quelle più liberali e liberiste, come la Gran Bretagna o gli Stati Uniti, dove la pressione fiscale è molto più bassa, ma l'evasione e l'elusione sono comunque in crescita costante. Non è un caso se persino Linda Stiff, la potente responsabile dell'Agenzia fiscale americana, abbia appena lanciato il suo anatema contro le stiftung, le fondazioni create al di fuori del circuito bancario e usate nei paradisi fiscali come schermo giuridico contro le investigazioni tributarie.

Senza voler vestire i soliti panni del Torquemada delle tasse, Visco considera questi primi esperimenti di collaborazione fiscale transnazionale come la positiva conferma del lavoro avviato in Italia in questi due anni. "Checché ne dicano i critici, abbiamo recuperato 20 miliardi di evasione fiscale. E le ultime operazioni, come l'inchiesta su un'importante società di consulenza di Milano che proprio in queste ore ha portato a 30 arresti con accuse che vanno dalla frode fiscale all'associazione a delinquere, dimostrano che la "macchina" funziona e dà risultati". Ma dimostrano anche che il lavoro da fare, per combattere l'evasione, è ancora tanto. Ed è proprio su quest'ultimo aspetto che il sorriso di Visco si incrina, e il suo sigaro smette di sbuffare: "Ho solo un rammarico: che ne sarà di tutto questo lavoro che abbiamo impostato, nei prossimi mesi?". Se vincerà il centrodestra, la risposta è già scritta. Ma se vincesse il centrosinistra, secondo il viceministro, la risposta non è ancora chiara.

(29 febbraio 2008)

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